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Liceo Classico Vittorio Emanuele - Garibaldi di Napoli

L’edificio stesso in cui ha sede la scuola, a pochi passi da quell’ “angolo” della Napoli antica, sul quale Benedetto Croce scrisse memorabili pagine, evoca gloriose memorie della storia monastica napoletana che ci riportano indietro nel tempo, ai primi insediamenti religiosi del VI secolo. La fondazione della chiesa viene fatta risalire all’Imperatore Costantino, in seguito divenne monastero basiliano e poi benedettino sotto il titolo dei santi Teodoro e Sebastiano nel medioevo. Nel 1425-26 papa Martino V assegnò il monastero alle monache domenicane. Queste provenivano dal monastero di San Pietro a Castello (Castel dell’Ovo)  denominato perciò dei santi Pietro e Sebastiano. Esse provenivano dalle più famose famiglie aristocratiche napoletane e vi abitarono fino al 1808, quando il convento fu soppresso dai francesi che vi sistemarono il Collegio di musica che nel 1826 fu trasferito a S.Pietro a Majella e i locali, incorporati nella grande insula della Compagnia di Gesù furono assegnati ai Gesuiti, destinati ad accogliere le scuole esterne dei Gesuiti. 
Con il governo di Garibaldi e la soppressione dell’ordine dei Gesuiti, le scuole confessionali furono “riaperte” come scuole laiche e municipali.
Nella scomparsa chiesa di San Sebastiano, il 10 marzo 1861, avvenne la cerimonia di inaugurazione, alla presenza dei luogotenente generale per le province napoletane, il principe Eugenio di Savoia Carignano, del consigliere di luogotenenza per la pubblica istruzione, Paolo Emilio Imbriani, del primo preside rettore Raffaele Masi e dei professori da poco nominati.
La nascita del Regio Liceo Vittorio Emanuele avveniva sullo sfondo di una città che nel 1861 contava 447.000 abitanti, prima città nel regno e quarta in Europa per popolazione.
Nonostante mantenesse ancora il prestigio di capitale morale e intellettuale del mezzogiorno, dopo l’annessione plebiscitaria del 21 ottobre 1860, l’ex capitale borbonica cominciava un lento declino, assistendo al ridimensionamento del suo ruolo, per l’adeguamento delle strutture sociali ed economiche alla nuova realtà imposta dalla unificazione.
Tuttavia, anche con la perdita delle sue funzioni di capitale, la città continuava ad essere - specialmente nel centro antico - il luogo di residenza dell’antica aristocrazia e della borghesia più ricca, a fronte di una parte cospicua della popolazione pressoché analfabeta, priva di risorse, afflitta dalla miseria più spaventosa.
In questo quadro sociale così depresso, gli amministratori napoletani puntarono soprattutto sull’istruzione pubblica, in particolare su quella primaria, consentendo altresì, con la nascita di un liceo municipale, la formazione delle nuove classi dirigenti, nel solco delle tradizioni umanistiche della cultura napoletana.
Il successo del Liceo di via San Sebastiano, nei decenni che seguirono, favorì un progressivo aumento della popolazione scolastica che proveniva non solo da Napoli, ma anche dalle altre province e dalle altre regioni, meridionali.
L’esigenza dì nuovi locali portò alla creazione di vere e proprie succursali: l’Umberto, il Genovesi, il Vico, il Garibaldi e il Sannazaro furono filiazioni dirette del Vittorio Emanuele e soltanto più tardi acquisirono piena autonomia giuridica.
All’inizio del Novecento, dei 2500 allievi che frequentavano le classi dei quattro licei cittadini, più di mille erano iscritti al Vittorio Emanuele.
Lo straordinario incremento, nonché i meriti didattici e scientifici della scuola, valsero a far partecipare il Liceo Vittorio Emanuele e l’annesso Convitto alla Esposizione Universale di Parigi del 1900, insieme con il Liceo Cavour di Torino, il Garibaldi di Firenze ed il Visconti di Roma.
Nel nostro secolo, nel bene e nel male, la scuola è stata specchio fedele della città e della sua storia. quando, tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, il processo di democratizzazione della scuola italiana è giunto al suo culmine, il Liceo di via San Sebastiano ha lasciato definitivamente alle spalle quelle prerogative di scuola elitaria e selettiva, riservata alla borghesia delle professioni.
Ancora oggi, le pietre, le volte, le epigrafi celebrative e quelle che ricordano gli allievi caduti nella Grande Guerra, testimoniano le radici remote e recenti di questa scuola, quasi a dare la percezione delle tante generazioni che si sono avvicendate, nel corso degli anni, nelle aule, tra i banchi.
Forte di una tradizione culturale che ha visto tra i docenti dei passato i nomi illustri di Francesco Torraca, Andrea Angiulli, Luigi Miraglia, Giuseppe Mercalli, Andrea Torre, Giovanni Gentile, Pietro Fedele, Vittorio De Falco, Mario Santoro, Francesco Albergamo e tanti altri ancora, la scuola annovera tra gli allievi più celebri Francesco D’Ovidio, Girolamo Vitelli, Antonio Sogliano, Nicola Zingarelli, Antonio Anile, i Fratelli Scarfoglio, le sorelle Croce, Alfonso De Franciscis, e ricorda con particolare orgoglio Giuseppe Moscati, lo scienziato divenuto santo, i poeti Salvatore di Giacomo, Rocco Galdieri, Eduardo Nicolardi ed Ernesto Murolo, i maestri Riccardo Muti e Roberto De Simone.

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